Sulle possibili risposte alla crisi finanziaria che si sta facendo sentire in questi giorni, segnalo alcune riflessioni: un articolo apparso sul Sole 24 Ore, un appello firmato tra gli altri da Giuliano Amato e Michel Rocard (su Aspenia online), e alcuni articoli dei siti laVoce.info e nelMerito.com.
Al di là delle soluzioni tecniche, l'importante è comprendere che il rigore non è alternativo a crescita e benessere e che - se decidiamo di muoverci seriamente sul fronte dei conti pubblici - possiamo vincere questa partita senza rinnegare il meglio dello stato sociale europeo.
Francesco Maria Mariotti
Una crisi di fiducia sul terzo debito del mondo non si risolve da un giorno all'altro, né con un rimbalzo della Borsa. Non abbiamo idea della devastazione che potrebbe provocare, forse non c'è neanche una soluzione. Sarebbe l'affondo finale all'euro, la mossa che potrebbe portare allo scacco matto. D'altra parte è una partita che si gioca già da tanto tempo, prima con la Grecia, poi con Irlanda e Portogallo, ora con l'Italia, saltando la Spagna.(...)
Oggi abbiamo una moneta unica e non possiamo più svalutare. La crisi colpisce direttamente il debito e la sua sostenibilità. Il punto critico è capire se sia il caso di seguire una soluzione di "mercato", cioè se si debba fare di tutto per soddisfare i desideri del mercato e ripristinare la fiducia - posto che si sappia cosa il mercato vuole - oppure se bisogna pescare dal cilindro delle soluzioni non ortodosse.(...)
Ecco che privatizzazioni o una tassa patrimoniale ci potrebbero salvare. Ma dobbiamo arrivare a tutto ciò, con i tempi stretti che il mercato ci imporrà, per poi scoprire di essere più poveri senza aver raggiunto il nocciolo della questione?
La crisi italiana è anche, e soprattutto, crisi europea. La soluzione non può che essere europea e possibilmente poco ortodossa. (...)
La riunione dell'Eurogruppo di lunedì scorso è sembrata andare nella direzione giusta, anche se con contorni poco chiari e con il problema dell'Italia ancora indiscusso. Finalmente si apre la possibilità che il fondo di salvataggio europeo Esfs acquisti debito sul mercato secondario o lo faccia acquistare indirettamente dagli stessi governi. Così si può pensare ad una ristrutturazione ordinata fuori mercato che permetta di ripartire le perdite fra le varie parti e alleviare l'onere del debito greco in forma sostenibile. Willem Buiter, capoeconomista di Citigroup, ha fatto notare che, con l'Italia nel mirino dei mercati, l'Esfs dovrebbe portare la sua capacità a 2mila miliardi di euro. Chi mai può dare così tante garanzie se non un finanziamento diretto della Bce e quindi una monetizzazione implicita dei debiti pubblici?
La via più lineare sarebbe riprendere la proposta degli Eurobond, forse nella versione più radicale che abbiamo suggerito sul Sole dello scorso 5 luglio, cioè di convertire tutto il debito dei singoli Stati in debito federale con un trasferimento proporzionato di entrate fiscali che sia in grado di pagare anno per anno gli interessi. A questo punto, si potrebbero costringere i singoli governi a raggiungere il pareggio di bilancio dal momento che sarebbe un pareggio senza spesa per interessi e non soggetto più alla speculazione.
Arrivati a questo stadio della crisi, la soluzione di rafforzare in maniera drastica l'Unione europea è l'unica che non porta al fallimento dell'euro.